La manutenzione del consenso ha un valore. Numerico molto spesso, e le regie invisibili lo sanno
La vergogna è di chi ha pudore. Di chi lavora con sudore per garantirsi uno stile di vita dignitoso e di chi non si arroga lo scavalco a una fila ma si mette in coda. Educazione e onestà sono le parole chiave di questo comportamento. Quando cede la moralità si sconfina nella prevaricazione e nell’arroganza del sentirsi intoccabili e impuniti. A chi tocca, dunque, garantire comportamenti ‘adatti’?
La Chiesa? Dio ce ne liberi. Per secoli si è contesa il potere temporale con lo ‘Stato’ e oggi ancora detiene rendite immorali e pretende dai preti il celibato (finto) a vita. Garantendo, in cambio, rendite di posizione.
Lo stato? E chi è lo stato? Non ho una risposta, passo oltre. Il sol pensiero mi fa venire le vertigini.
Chi resta? Se Chiesa e stato non sono gli ‘interlocutori’ a chi dovremmo demandare giustizia ed equità morale? I laici potrebbero rispondermi: l’etica? E cos’è l’etica se non un codice di comportamento che qualcuno insegna e l’altro apprende? E chi sono, oggi, gli insegnanti? E dove i luoghi di apprendimento?
Mi vergogno. Soprattutto di vivere in un mondo contaminato e pervaso dalla logica della scorciatoia e soprattutto della contiguità. Reti, connessioni, geografie che sulla stessa mappa mettono insieme individui, spioni e servi della gleba. A posizionare soldatini, le solite regie invisibili.
Io so. Ma come lo dimostro?
Scrivendo articoli? Ahahahahahaha! A cosa è servito ripeterlo ogni santo giorno per anni? Oggi è ancora peggio. Io so, io vedo, io capisco, io leggo movimenti, persone, atti e documenti. Ma a chi lo dico? A chi lo devo raccontare? Certo, di cose interessanti per gli organi giusti ce ne sarebbero, ma ho il dubbio che siano giusti nell’accertare la giustizia.
Penso al libro di un vice questore che ho presentato qualche anno fa, Oltre il limite. “Non c’è da preoccuparsi più di tanto… Noi investiamo soldi, sistemiamo persone, orientiamo carriere. Nessuno ci può fermare. Nessuno oserà mettersi contro di noi”. “Quelli vicino a noi devono arrivare in alto, molto in alto”.
Mi fermo qui, adesso.